Attraverso la voce di Ida Travi, siamo proiettati in uno spazio altrove. Una terra senza redenzione, una terra di dolore, ma piena del fremito della felicità. Una terra dove la voce umana è protagonista assoluta e si lascia scoprire nel suo nocciolo più segreto. È una voce umana, è una preghiera, una promessa: sempre, sempre caso vocativo. Siamo nella terra di Zard. La voce che ascoltiamo è la voce di alcuni esseri parlanti, i Tolki. Hanno nomi misteriosi, che sembrano presi dalla letteratura russa, dal cinema francese. Vengono da un inverno senza fine: su di loro e sul loro mondo nevica sempre. Siamo proiettati in una terra che sembra un set cinematografico, eppure ogni cosa qui ha il sapore più vero della verità: queste voci soffrono, gioiscono, chiedono. Ma sono soltanto voci: flatus, fiato, aria che passa e va, occasione fragile e breve dove si contemplano i «misteri dolorosi» che fanno umano l’umano. La loro è una «lingua da nulla», una «lingua misera»: «sembrano nati da poco alla parola, vivono incollati al loro nome. Quattro parole in croce tutto qui» (Il mio nome è Inna, p. 11). Questa terra è un interstizio, uno spazio di mezzo, un taglio: Tà, come annuncia il primo dei cinque volumi che compongono questa straordinaria e unica nel panorama italiano saga in versi. Come un taglio, tutto nella terra di Zard appare e scompare è intriso del tempo, è tempo: il tempo però del vortice che mostra e annulla ciò che mostra. Come un taglio, tutto nella terra di Zard ferisce e lascia attoniti. Zard è una terra di confine, un bordo, un limite sottile. Tutto qui è passaggio: tà, tà, tà, come le lancette dell’orologio, che inesorabili ci passano attraverso.
E così che ogni voce in Ida Travi parla e parla veramente: non parla di cose, non dice del mondo: dice mondo, fa corpo con il fluire del mondo; fa corpo con la scomparsa di ogni mondo che accade nel punto esatto del suo stesso nascere. I Tolki infatti sono parlanti nel senso che hanno sempre da traguardare il limite della parola, sono sempre infanti che parlano per la prima volta e così diventano umani: «fa in modo che le parole non facciano\ pensare a una poesia, ma lo siano» (così, l’esergo di Il mio nome è Inna). Qualcosa accade quando parlano e qualcosa accade quando noi ascoltiamo e proviamo a farci spazio di accadimento di quella voce. Impariamo e esercitiamo l’arte di parlare davvero. E cos’altro dovrebbe fare la poesia?
Tommaso Di Dio
Di seguito, proponiamo l’ascolto dell’evento MediumPoesia Off:Ida Travi realizzato con l’associazione culturale milanese Lampioni Aerei il 21 Maggio 2018 presso la sede di ChiAmaMilano, in via Laghetto 2, con la poetessa protagonista di diverse letture ad alta voce dalla “saga dei Tolki”, insieme a Tommaso Di Dio e Francesco Ottonello.
Ida Travi
Ida Travi nasce a Cologne, Brescia, nel 1948. La sua poesia si inscrive nel rapporto tra oralità e scrittura, tematica che nel 2000 affronta con il saggio L’aspetto orale della poesia (Selezione Premio Viareggio 2001, terza edizione Moretti&Vitali, 2007), e nel 2015 in Poetica del basso continuo.
In poesia per Moretti&Vitali pubblica, la sequenza poetica sui Tolki, i parlanti, in cinque libri: TA’ poesia dello spiraglio e della neve (2011); Il mio nome è Inna (2012); Katrin. Saluti dalla casa di nessuno (2015); Dora Pal, la terra.(2017); Tasàr, animale sotto la neve (2018). Altre raccolte poetiche: La corsa dei fuochi, 2006; Neo/Alcesti poesie per la musica, 2009.
Per il teatro pubblica l’atto tragico "Diotima e la suonatrice di flauto" edito da Baldini Castoldi Dalai nel 2004, che diventa nel 2010 opera musicale, Tesi di Laurea in Composizione del M° Andrea Battistoni. Sui suoi radiodrammi e sulle sue poesie alcuni compositori contemporanei hanno composto musiche originali.