Dalla Quarta di copertina:
“Tutti sanno come nascono le bambine, ma nessuno sa come nascano le donne. Che abbiano bisogno di una nascita per esistere, proprio come le prime, è ignorato dai più. Ovvio quindi che il termine che descrive la nascita della donna – la ginegonia – sia un neologismo. Nel mondo romano, per le ragazze crescere significava passare da puellae a nubende, da fanciulle a donne in età da marito. Confinate nell’orizzonte del matrimonio come unica scelta possibile, possedevano almeno i rituali di transizione verso la vita adulta. Rituali segnati per le donne dalla tutela di Minerva. E a questa dea lunare che si rivolge la protagonista e narratrice di questa ginegonia, per chiederle protezione e tutela durante il cambiamento di stato. La prova da superare prevede, come per le giovani delle età più remote, un periodo di isolamento, ma più alta è la posta in gioco: non perdere il contatto col divino”.
Dalla prima sezione, Il pozzo vuoto
Due crepuscoli in un giorno –
questo non è il primo.
Chi siamo noi per sopravvivere alla notte?
Allo scoccare dell’ora,
tra le rovine della nostra carrozza arancione
ci chiederanno il prezzo per il viaggio:
noi daremo le briciole in pegno
e diremo: «ora non lo abbiamo,
ma possiamo cercare nella terra dov’è l’oro».
*
I piedi bruciati fanno più male –
è il secondo crepuscolo –
mentre ritorniamo al pozzo vuoto.
C’è una parola lontana,
chiusa nel ventre di una rondine,
che potrebbe farlo rifiorire
ma noi non la sappiamo pronunciare.
*
Dal fondo pur sempre
si vede il cielo.
Corre un satellite nella stessa orbita
in cui correrà anche domani.
Abbiamo chiesto a Dio: «rivogliamo le stelle»
lui ha detto: «sono qui. Ma non potete vederle».
*
Dalla seconda sezione, L’acqua di Minerva
Per le giovani romane
c’era un solo modo di diventare donne:
convolare a nozze.
Ma non potevano diventare nuptae
se qualcuno non le aiutava prima
a disfarsi delle puellae.
Quella era Minerva
che gli metteva perle nelle tasche
e gli cambiava pelle.
Con la perla nella tasca
prego lei che mi conduca
nei cinque giorni del suo rito.
Donna con o senza nozze
fammi diventare grande,
mettimi il coraggio della notte.
*
Per avere la protezione della dea
e rispettare l’ordine, la perla disse
che dovevano passare cinque giorni
in cui nessuno mi toccasse
che ogni mattina
mi lavassi le mani e la faccia
con una speciale acqua
e cercassi la luna nel cielo.
Se la trovavo potevo continuare
fino al quinto giorno
e al sesto mi potevo liberare.
Al risveglio di questo
la rondine africana
avrebbe lasciato una parola
una chiave o una noce
sotto la lingua.
***
Sofia Fiorini (Rimini, 1995) è scrittrice e insegnante. In poesia ha pubblicato La logica del merito (Interno Poesia, 2017) – premiato dal Premio Violani Landi e dal Premio Prato, recentemente ripubblicato come La logica del merito e nuove poesie (Interno Poesia, 2023) – e La perla di Minerva (La Noce d’Oro, 2023). Ha tradotto l’antologia italiana delle poesie di Ralph Waldo Emerson Il cervello di fuoco (La Noce d’Oro, 2022) e ha collaborato a curare l’antologia Costellazione parallela. Poetesse italiane del Novecento (Vallecchi, 2023).