Alla morte annunciata del ramarro
la stanza era isolata dall’esterno.
V’era un tavolo senza alcuna sedia
la sua funzione ci apparve strana;
se non è adibito a convivio
che cosa può concederci di buono?
La stanza fu teatro e mistero
dell’eventualità sempre remota
ma poi giunta, della volontà.
–
Cenare sperando nella fiducia
di tua figlia persa alla nascita
e qui fortuitamente ritrovata.
La tua faccia è piena delle impronte
che faranno parte del tuo trucco.
Il dono calibrato di una suola
che, coscienza leggera, scopre in te
il suo naturale punto di sfogo.
–
Nello specchio della casa accanto
la mia realtà chiusa in casa d’altri.
C’è un bianco terrore ora, tra la vita
che impone una lettura attenta e continua:
un tribunale e una suggestione,
è una pioggia dalle spesse gocce
che manca, dopo l’assoluzione.
Farei volentieri scambi di meteo,
migrazioni sempre più complesse
per vivere zuppo nell’emergenza.
–
Cara e nociva questa stagione
che reca in ogni suo angolo una
pietra mal tagliata,
un’arma nota per il suo dolore
che acuisce i bordi scheggiati
man mano che il tempo le fa spazio.
Ogni luogo è votato al ricordo
che sempre esula dal rammarico.
Il metro con cui giro per il mondo,
è mio, e mio unicamente.
Tu fidati della genuinità
della mia misura, del mio segno:
con questo perimetro faremo il
vissuto.