Il danzatore russo Boris Kniaseff venne ammirato da Eugenio Montale nel gennaio del 1923 mentre si esibiva sul palco del Teatro Verdi di Sestri Ponente. Pochi giorni dopo il poeta potette incontrarlo nell’atelier genovese dello scultore Francesco Messina, dove Kniaseff posava.
Sin dall’apparizione di Ossi di seppia non poterono esserci dubbi sul fatto che il dedicatario “a K” della lirica “Ripenso al tuo sorriso” fosse di genere maschile: al quinto verso “o lontano” è un vocativo al maschile; al settimo gli aggettivi “vero” e “raminghi” sono declinati al maschile. Va dunque riconosciuto il coraggio del giovane Montale che dignitosamente evitò di falsificare il genere del dedicatario.
Il fatto poi che Montale tradusse personalmente in francese “Ripenso al tuo sorriso” affinché Kniaseff potesse leggerla, dimostra il profondo coinvolgimento emotivo del poeta venticinquenne nei confronti dello stupendo danzatore. Un legame cripticamente confermato da Montale trent’anni dopo, nel 1955, quando in un articolo sulla pagina culturale del “Corriere d’Informazione” intitolato “La fiera di Soročincy di Musorgskij e racconto d’inverno di Rossellini”, il poeta citaKniaseff come coreografo de “La fiera di Soročincy”.
Sorprende quindi l’involuzione successivamente subita da Montale. Noto è il suo odio per Pasolini: arrivò al punto di ingiungere al giovane Claudio Magris di non nominare mai Pasolini, né sul “Corriere” né altrove, indipendentemente dall’argomento. Di Pasolini non si doveva parlare, punto e basta. Giunse persino a rimproverare Mario Soldati per certi suoi racconti d’argomento “freudiano-sessuale”. E a non risparmiare il suo disprezzo – anche pubblico – per Palazzeschi in quanto omosessuale, perfino in un congresso fiorentino a lui dedicato, in cui fu invitato a parlare.
Un altro autore su cui calò la sua potente mannaia fu Giovanni Testori, che praticava l’omosessualità e non lo nascondeva. L’ostracismo di Montale nei suoi confronti fu tale che per anni sul “Corriere” non solo Testori non potette pubblicare una riga, ma nemmeno apparvero recensioni ai suoi libri e al suo teatro. C’è un episodio illuminante ambientato nel foyer della Scala, che illustra la rottura definitiva tra i due. Testori vi si era recato con Alain, il suo giovane amico francese “considerato quasi un figlio, di grande bellezza”, come scrisse Camilla Cederna. Incrocia Montale e fa per presentarglielo. Montale gli volta le spalle e si allontana. “Ce n’est pas un poète, c’est une merde!”, grida Alain. Al riguardo ho scritto questi versi:
Aveva il sorriso di K
L’amico di Gianni Testori,
Proprio per ciò ne scansasti
La mano. Guardando fuori.


Eugenio Montale, da “Ossi di seppia” (1925)
a K.
Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida
scorta per avventura tra le petraie d’un greto,
esiguo specchio in cui guardi un’ellera i suoi corimbi;
e su tutto l’abbraccio d’un bianco cielo quieto.
Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano,
se dal tuo volto s’esprime libera un’anima ingenua,
o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire con sé come un talismano.
Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie
sommerge i crucci estrosi in un’ondata di calma,
e che il tuo aspetto s’insinua nella mia memoria grigia
schietto come la cima d’una giovinetta palma…