In dialogo con Tomaso Pieragnolo | scrivere, tradurre, ricreare poesia

Tomaso Pieragnolo è nato a Padova nel 1965 e da venticinque anni vive tra la sua città e il Costa Rica. Noi di MediumPoesia l'abbiamo intervistato per approfondire il suo rapporto con la traduzione, con l'editoria e con il mondo della poesia.

Tomaso Pieragnolo, quando inizia la tua storia di traduttore e con che autore? E quanto ritieni importante che il traduttore viva o sia in contatto con la realtà linguistica di provenienza degli autori che traduce?

Inizia negli anni Novanta in Costa Rica. Cominciai a leggere alcuni autori di cui avevo trovato edizioni originali nelle biblioteche universitarie e librerie di San José, o, come accadde per Eunice Odio, rinvenute nelle case di colleghi e amici che mi ospitavano. 

Trovai Los elementos terrestres di Eunice Odio mentre vivevo al confine con il Nicaragua nel 1995, in un capanno spartano che un amico dell’università mi aveva messo a disposizione mentre lavoravo ad un progetto nei parchi nazionali del nord del paese. Furono anni per me fondanti, intensi, ricchi di esperienze, uno spartiacque; nessun italiano era arrivato fino a lì, davanti a me si apriva un territorio vergine che potevo esplorare e proteggere. Amai molto quelle letture, tutto per me cominciava e scoprivo il paese in cui mi apprestavo a vivere attraverso i suoi autori, con tutta la freschezza, la gravità e l’inventiva di un nuovo mondo, non diverso da come era ai primi del Novecento. Pensai già allora che, non appena ne avessi avuto l’occasione, avrei introdotto questi poeti in Italia, diffondendoli e valorizzandoli secondo le mie possibilità. Ho atteso molto tempo prima di pubblicarne le traduzioni, per oltre un decennio da quelle iniziali letture del 1995 ho continuato ad approfondire, a conoscere, a calarmi in una realtà complessa e vitale così diversa dalla mia, sentendomi sempre accolto e stimolato a continuare anche dagli stessi autori, molti dei quali conosco personalmente. A partire dal 2008 proposi nella rivista Sagarana del Prof. Julio Monteiro Martins (che purtroppo non è più tra noi) i primi autori costaricani, iniziando con Jorge Debravo, uno dei poeti più letti ed amati nel paese centroamericano, a cui sono seguiti Eunice Odio, Laureano Albàn, Julieta Dobles, Alfonso Chase, Gioconda Belli, Cardenal, solo per ricordarne alcuni. 

Avere vissuto per anni nei luoghi degli autori che ho tradotto è stato fondamentale per assorbirne le suggestioni, i paesaggi, la mentalità, per comprenderne la società, la storia e la psicologia, l’estetica e l’etica in buona fine. Il compianto Prof. Bellini, che per molti anni ha tradotto in Passigli i libri di Neruda, in una recensione a Come le rose disordinando l’aria di Eunice Odio comparsa nel Bollettino dell’ISEM numero 65 del maggio 2015, ha apprezzato tra le altre cose il fatto che siamo riusciti, Rosa Gallitelli ed io, a ricreare esattamente l’atmosfera delle poesie in lingua originale; questo era l’approccio che avevamo scelto per lavorare ai nostri libri ed è stata una grande soddisfazione che il Prof. Bellini se ne sia accorto e lo abbia evidenziato.

Nell’atto di tradurre, fa per te differenza sapere che il poeta è ancora attivo e può interagire con la traduzione, oppure che il suo ciclo di attività è un’opera chiusa?

Non ha mai fatto alcuna differenza a livello pratico, perché lavoro in modo indipendente, scegliendo i testi da tradurre e le modalità di traduzione, senza interferenze da parte dei poeti viventi o dei detentori dei diritti, che conoscono il mio operato e mi affidano i loro libri senza condizioni; il mio intento è sempre quello di restituire nel modo più inerente possibile l’ambiente interiore di ogni poeta, il significato e il significante, se possibile le fonti della sua ispirazione attraverso la conoscenza diretta dei luoghi e della società in cui ha vissuto. A livello emotivo, ho trovato molto vitale lavorare su autori non più viventi, perché ho provato una responsabilità maggiore nella ricerca del fine ultimo della loro poesia. Nel caso di Eunice Odio ho sentito il dovere morale di tradurre e diffondere la sua poesia, perché fu una poetessa enorme ingiustamente ostacolata e trascurata in vita, abbandonata a sé stessa da una società letteraria maschilista ed opportunista.

Traduci solo poesia? Rispetto alla prosa, ritieni che tradurre poesia comporti una difficoltà superiore? Quanto è “originale”, secondo te, il testo poetico tradotto?

Traduco solo poesia. Credo che comporti un impegno maggiore rispetto alla prosa perché, come è intuibile, nella poesia esistono scelte precise che coinvolgono la metrica, la fonetica e la ritmica, nonché le trascendenze emotive e personali di ogni autore. Inoltre per affinità scelgo poeti riconducibili a correnti oniriche, visionarie e surrealiste, cosicché la pratica della traduzione si infittisce nel tentativo di rendere la complessità del pensiero e del testo.

Se per originale si intende più vicino possibile alla versione in lingua originale, ciò dipende dalle scelte del traduttore; con alcune lingue è possibile avvicinarsi, con altre è impossibile per ovvie ragioni di diversa origine e ceppo, ma c’è sempre una suggestione, un clima di fondo, che un traduttore dovrebbe tentare di rendere, attraverso la conoscenza storica, sociologica e psicologica dell’autore tradotto.

In che modo il traduttore di opere poco note o totalmente sconosciute influenza la conoscenza e la diffusione dell’opera dell’autore? Il traduttore ha anche, in casi simili, funzione di talent scout?

Tutti gli autori che ho tradotto, a parte rari casi, non erano mai stati proposti prima in Italia; sapevo di avere scelto poeti di valore ed è un grande piacere vedere che, a distanza di breve tempo, questi nomi già noti a livello internazionale sono diventati realtà importanti anche nel nostro paese, sia in ambito accademico, trovando il loro spazio all’interno delle Università con studi e approfondimenti, sia in ambito più audacemente umano, con l’affetto e l’attenzione che tanti lettori hanno voluto riservare alle loro poesie. Sono grato a tutti coloro che si sono interessati al loro lavoro ed al mio, per avere accolto queste realtà arricchendo oltremodo il nostro panorama poetico.

Cosa c’è attualmente nel tuo “cantiere” di traduzione?

Da pochi mesi è uscito il libro di Juan Carlos Mestre, Non importa ormai vivere bensì la vita, da me curato per la casa editrice Arcipelago Itaca di Danilo Mandolini; al momento sto lavorando al mio prossimo libro di poesie e non ho ancora pensato ad una nuova traduzione.

In che rapporti è la figura del traduttore col resto della filiera editoriale? O, quanto incidono le logiche editoriali nella scelta di testi e autori che vanno tradotti e immessi nel mercato?

La mia esperienza con le case editrici come traduttore si è basata interamente sulla validità e particolarità dell’autore proposto. Personalmente, nelle scelte degli autori da tradurre in volume, non ho mai ragionato in termini di tornaconto o di scambio, ma esclusivamente valutando la portata della poesia di ognuno. Dopo aver tradotto i primi poeti nella rivista “Sagarana”, fui contattato nello stesso anno 2008 da Fabrizio Zollo della casa editrice Via del Vento, di Pistoia, che si mostrò entusiasta delle novità e mi propose di pubblicare la prima plaquette di Eunice Odio, che uscì nel 2009 con il titolo Questo è il bosco ed altre poesie. Fui contattato lo stesso anno dal poeta costaricano Laureano Albàn che, avendo apprezzato le mie traduzioni in “Sagarana”, mi chiese di introdurre le sue opere in Italia. Via del Vento era già interessata a questo autore, così nel 2010 nacque la plaquette di Albàn Gli infimi crepuscoli. Nel frattempo, avevo iniziato la collaborazione con Passigli di Firenze per la pubblicazione del mio quinto libro di poesie, nuovomondo del 2010, a cui in seguito proposi le prime antologie italiane bilingue degli stessi poeti, trovando anche in questo caso un’adesione entusiastica ai due progetti; quella di Laureano Albàn, Poesie imperdonabili, uscì nel 2011 e quella di Eunice Odio, Come le rose disordinando l’aria, in collaborazione con Rosa Gallitelli, fu pubblicata nel 2015. Ho rinunciato a tradurre in volume autori noti che non sentivo, ho rinunciato alla direzione di una collana di poesia ispanoamericana per non essere costretto a pubblicarli.

Quanto è importante per un poeta aspettare prima di pubblicare il suo primo libro? Quali opzioni di pubblicazione ha davanti?

Ho pubblicato i miei primi libri di poesia molto giovane, nel 1983 e nel 1985. In quegli anni, a parte le case editrici più note, il panorama editoriale per gli esordienti era rarefatto e locale, non c’erano molte riviste né editori di poesia, i premi letterari erano pochi e le informazioni al riguardo scarse e difficilmente reperibili. Poi per me è seguito un lungo periodo di studio e maturazione, di scelte ed esperienze vissute in un altro mondo che mi hanno allontanato per molto tempo dal panorama letterario italiano, esperienze che hanno avuto la necessità di attendere diversi anni prima di potersi esprimere in poesia, con Lettere lungo la strada del 2002, a cui sono seguiti L’oceano e altri giorni del 2005, nuovomondo del 2010 e Viaggio incolume del 2017.

Oggi esistono molte case editrici nate recentemente che si occupano di poesia, alcune esclusivamente, nonché molti blog e riviste sia cartacee che online, specializzati e attivissimi nella pubblicazione di autori conosciuti e meno noti. Credo che chi intenda pubblicare un libro di poesie debba prima comprendere obiettivamente in che luogo della Poesia si trova, se realmente ciò che ha da dire sia originale e possa esprimersi in versi altrettanto originali, essendo conscio che se la poesia non esce da un’esperienza biografica o interiore unica, rimane solo un prodotto editoriale o un resoconto personale. A questa consapevolezza credo si possa giungere dopo lunghe riflessioni, molto studio, senza farsi distrarre dagli stilemi o dai casi mediatici proposti dall’editoria e senza diventare epigoni di autori noti nella speranza di attirare la loro attenzione. Uno stile originale non si stacca da un albero come un frutto così, da un giorno all’altro, ma il seme, le radici, l’albero e il frutto sono dentro te, e seguono il loro ritmo naturale; la poesia non è una risposta, è solo una domanda. Se tornassi indietro non pubblicherei a diciotto anni, né a venti, attenderei di avere una sufficiente maturità personale e letteraria che mi permettesse di elaborare le mie esperienze ed i miei limiti.

Quali sono e sono stati i tuoi riferimenti letterari in poesia e prosa?

Oltre alle letture i alcuni classici, ho frequentato negli anni della formazione la poesia ispanoamericana moderna, quella romantica europea, la poesia francese e italiana tra la prima e la seconda guerra, molto gli ermetici fiorentini. Lo stesso vale per la prosa.

Quanto la letteratura che hai tradotto ha influenzato la tua scrittura e quanto la tua traduzione è influenzata invece dal tuo stile poetico personale?

Ho cercato di tradurre autori affini al mio modo di sentire e vedere il mondo, di analizzare la storia dell’umanità e le istanze più impellenti della nostra società; direi che questo, più che caratterizzare la mia poesia, ha rafforzato il percorso che avevo iniziato ancor prima di avvicinarmi alla traduzione ed allo studio di determinati autori, facilitando il cammino verso una consapevolezza individuale e un dettato riconoscibile. Quando traduco lascio poco spazio alla reinterpretazione personale del testo e non cerco di italianizzarlo, ma al contrario provo ad immergermi nella materia del poeta, nel suo tempo storico e nella mentalità e cultura del suo tempo, per rendere anche le sfumature più evanescenti dell’opera.

Chi è per te l’editore?

Ci sarebbero molte cose da dire al riguardo, moltissime riflessioni e distinguo, ma mi piacerebbe rispondere che apprezzo un editore che sia “un meravigliato esploratore”.

Intervista di F. Sante e A. Pozzi

Tomaso Pieragonolo

Tomaso Pieragonolo

Tomaso Pieragnolo è nato a Padova nel 1965 e da venticinque anni vive tra la sua città e il Costa Rica. La casa editrice Passigli ha pubblicato il suo ultimo libro “Viaggio incolume” (novembre 2017) e nel 2010 “nuovomondo”, finalista al Premio Palmi, Metauro, Minturnae, rosa finale del Premio Marazza e vincitore del Saturo d’Argento - Città di Leporano. Fra le sue precedenti raccolte “Lettere lungo la strada” (2002, premiato al Città di Marineo e finalista al Guido Gozzano di Belgirate), “L’oceano e altri giorni” (2005, finalista ai Premi Libero de Libero, Guido Gozzano di Belgirate e Ultima Frontiera di Volterra, vincitore del Premio Minturnae Giovani). Una sua selezione di poesie scelte è stata pubblicata in spagnolo dalla Editorial de la Universidad de Costa Rica e dalla Fundación Casa de Poesía (“Poesía escogida”, 2009). La sua attività di traduttore di poesia latinoamericana si è svolta dal 2007 in collaborazione con la rivista Sagarana, nella quale ha proposto principalmente autori del Costa Rica e del Centro America, non ancora tradotti in Italia, e con alcune case editrici che hanno pubblicato le sue traduzioni di Eunice Odio (“Questo è il bosco e altre poesie”, Via del Vento 2009, Menzione Speciale Premio Camaiore per la traduzione, e “Come le rose disordinando l’aria”, Passigli 2015 in collaborazione con Rosa Gallitelli, finalista Premio Città di Morlupo e Premio Città di Trento) e di Laureano Albán, (“Gli infimi crepuscoli”, Via del Vento 2010 e “Poesie imperdonabili”, Passigli 2011, finalista Premio Internazionale Camaiore, rosa finale Premio Marazza per la traduzione). Nel marzo 2019 è uscito il libro di Juan Carlos Mestre a sua cura e traduzione "Non importa ormai vivere bensì la vita" (Arcipelago Itaca Edizioni , Premio Speciale per la Traduzione "Camaiore 2019").

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