Felicia Buonomo | Le sette domande di MediumPoesia

Con questa pubblicazione inauguriamo il nuovo format elaborato dalla redazione di MediumPoesia: 7 domande a cui i poeti contemporanei risponderanno, con la selezione di alcuni testi inediti, di un libro in uscita o appena pubblicato. Per prima abbiamo intervistato Felicia Buonomo, giornalista, scrittrice, poeta, che ci ha proposto due testi, qui introdotti dalle sette risposte date dall'autrice alle nostre domande.

1. Tra i libri usciti nel primo ventennio degli anni 2000, ne trovi almeno 5 che per te siano fondamentali?

Mario Benedetti – Tersa morte

Chandra Livia Candiani –  La bambina pugile ovvero la precisione dell’amore

Mariangela Gualtieri – Bestia di gioia

Mahmoud Darwish – Il giocatore d’azzardo

Andrea De Alberti – Dall’interno della specie

2. Se incontro un poeta, possibilmente, non lo riconosco subito. C’è un modo per riconoscere un poeta? Nella tua esperienza, il fatto di scrivere poesia si riflette nella vita quotidiana?

Non c’è, a mio avviso un modo, univoco, per riconoscere un poeta. Certo, aiuta esserlo a tua volta. Come diceva Carmelo Bene “per capire un poeta, ci vuole un altro poeta”. Credo sia fondamentale avere uno sguardo acuto, essere curiosi – non nel senso voyeuristico del termine – ma di avere un costante spirito di ricerca. La poesia, più che riflettersi nella vita quotidiana, è da lì che parte. La poesia, come l’arte in genere, racconta delle storie, umane, racconta la vita e non c’è modo migliore per comprenderla che l’arte.

3. Come è il tuo rapporto, in quanto autore, con i lettori e con i colleghi?  Senti di fare parte di una comunità, a cui aderisci?

Il rapporto con i lettori è sempre impari, dove il lettore è in una posizione di supremazia, al quale l’autore non può che restituire un sentimento di gratitudine. Ma sembra che spesso sia il contrario. Come se essere poeta o scrittore, ponesse l’individuo/autore in una forma di intellettualismo superiore. E questo accade anche tra i poeti al loro interno, spesso. Nonostante ciò, ho trovato, in questa comunità poetica, persone care, con le quali condividere punti di vista interessanti, scambiare conoscenze, utili per accrescere la propria – reciproca – arte della parola. Mi tengo lontana, nonostante le tentazioni, dalle polemiche e dai calpestamenti. Perché, citando uno scambio avuto con la poetessa Franca Alaimo, “la meschinità non può appartenere al vero poeta”.

4. Che rapporto hai con la poesia straniera?

Assolutamente buono. E sono grata ai tanti poeti che con costanza si dedicano all’attività di traduzione di testi stranieri, che diversamente non arriverebbero mai alla nostra attenzione o sonorità. Credo inoltre che la poesia straniera aiuti a comprendere anche il colore del popolo di un poeta. Penso ai toccanti versi di Nadia Anjuman, che nella sua narrazione in versi di un rapporto con un uomo maltrattante (che ha finito con l’ucciderla, per aver “osato” declamare in pubblico i suoi versi d’amore) conclude un suo componimento (“Nessuna voglia di parlare”) così: «Io sono una donna afgana. / E la (mia) sensibilità mi porta a lamentarmi», ponendo, dunque, l’accento sulla sua condizione di donna, inserita in un determinato contesto geografico.

5. Nel tuo processo di scrittura, ti capita di raccogliere stimoli da altre forme artistiche o da discipline scientifiche?

I miei studi sono, come tutti, principalmente basati sulla lettura di altri poeti. Ma gli stimoli possono venire anche da altre forme artistiche, certo. Penso – nel mio caso – alla musica, che ha al suo interno anche la manifattura testuale, o al cinema, che ugualmente è arte anche della parola.

6. Che rapporto hai con la rima?

Non ho un rapporto, in questo senso. Il verso libero è quello nel quale mi riconosco.

7. Ci sono 3 poeti delle nuove generazioni che ritieni particolarmente interessanti o a cui pensi sarebbe interessante porre queste domande?

Demetrio Marra

Michela Zanarella

Gisella Genna

Lascio che il dolore mi attraversi gli occhi
girata di lato, nascosta nel puntello mancato.
Mi cola dal naso, è filamento di bocca.
Non soffio. Non confino la colpa
nel suono di un fazzoletto sgualcito.
Gli concedo un tremore
e ingoio la pietra aguzza della disperazione.
Mi naviga nell’anatomia.
Penso al domani che mai muta.

*

Ho rinunciato e poi sperato.
Ho illuso la locomotiva dei sentimenti:
destinazioni, poi deragliamenti.
Tutto è uno, indivisibile condanna.
Dalla parte sbagliata, sul mezzo
che permette il viaggio,
non su quello che lo interrompe.
È perfetta la geometria dei binari.
Compimento della me che più non sostiene.

Felicia Buonomo

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