L’impostazione è teatrale, con cinque personaggi sulla scena: il Padre – che incarna il Tempo – e i suoi figli, ovvero memoria, desiderio, realtà e profezia, i quali rappresentano le dimensioni del passato, del possibile, del presente e del futuro. L’impostazione è teatrale, ma il tono è lirico e insieme cosmico. Veniamo precipitati negli abissi della memoria e nel fuoco della profezia, mentre la presenza reale si affaccia più raramente, sottile filo conduttore tra gli sprofondamenti. La scena è alta, grandiosa, ispirata. Francesca Mazzotta scrive un poema biografico e universale, singolare e assoluto, con una tensione alla totalità che confina con il pensiero indiano, con l’Atman proteso al Brahman, con la vita singolare profondamente connessa all’Intero della creazione. Il senso e la richiesta di unità sono molto forti in queste pagine, come è forte il senso della natura, del mare, dei boschi, dei tanti animali messaggeri di verità: pavoni, pernici, cinghiali, tordi, codirossi – nominati con esattezza – ci consegnano il loro annuncio fulmineo e poi spariscono nel vento. Elegia personale e respiro del mondo si intrecciano continuamente. La vicenda intima di un ricordo infantile – le madri che leggono su una spiaggia toscana o la nonna che canta Je ne regrette rien – si immerge all’improvviso nelle galassie e il vicino di casa che accumula nervosamente i mozziconi richiama le ceneri del mondo. Questa virtù di unire cose in apparenza remote attraversa tutta la poesia di Francesca Mazzotta, che è impregnata di analogia […].
Milo De Angelis
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memoria 1
Giocavamo a nasconderci nelle pance
delle sequoie superstiti nel bosco.
D’estate sotto la sabbia eravamo le mummie.
Eravamo il deserto, un pugno
di sale striato
al buio di un vetro.
*
realtà 1
Sento le suole degli invasori inerpicarsi
per altipiani cresciuti come zanne
su gengive di nebbia
vogliono assediarmi i sogni vogliono
hanno pupille
aguzze di vetro,
miocardi di latta
e il rumore d’ovatta della pioggia
nella semioscurità che ci comprime,
questa sera, tutte le sere.
*
profezia 1
Sarà liberatorio risvegliarsi
più vivi, saper dire
“siamo stati”.
Per primo affiorerà il volto, il collo
bianco perla, le nicchie delle clavicole
il torace: risacca di respiro.
Ancora disabituati al sole sentiremo
tremori di sangue per i gorghi
dei polsi, il suo beato pulsare.
*
desiderio 2
Potremmo ricominciare dalle parole, deciderne
la sorte.
Come di enormità estinte dentro il cuore,
fiere allegoriche da accarezzare
*
GPT-2. III
Abbiamo delle meduse ferite.
Senza coscienza possiamo vedere.
Ma che sta succedendo? Niente?
No, solo una manciata di gelatine
che, c’è da supporre,
non sono meduse: sono
troppo piccole e troppo rigide.
Semplicemente|
*
GPT-2. III
Abbiamo ferito le meduse
senza coscienza mentre
creavamo questa vasta gamma di organismi
nella stessa terra del nostro sistema solare”,
ha detto il signor Musk.
Ha aggiunto che queste meduse
“sembrano quasi un miracolo,
al contrario di|
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Francesca Mazzotta, classe ‘92, si è laureata in Italianistica all’Università di Bologna, ed è in attesa di discutere la propria tesi di dottorato (Università Cattolica di Milano) sulla linea poetica lombarda dagli anni Cinquanta a oggi. In poesia ha pubblicato Reduci o redenti (CartaCanta, 2016) Umbratile (Origini Edizioni, 2018) e Gli eroi sono partiti (Passigli, 2021, opera finalista al Premio Dessì 2021). Traduce, scrive, poesia soprattutto ma anche recensioni e saggi, anche messaggi su Whatsapp ma nella mente, che lì invecchiano. Lo scorso gennaio il giornalista Paolo Pagliaro ha pubblicato sul sito https://www.9colonne.it/ una sua lettera sul tema della condizione di chi in Italia scrive e si dedica all’umanistica e all’arte, dal titolo J’accusespère. Per non sparire, ultimo suo libro di poesia, uscirà a fine marzo per Industria e Letteratura.