[…] Non dobbiamo trascurare poi un fatto, forse sin troppo evidente e che io però ho sin qui trascurato: se è vero che “quinto quarto”, nell’arte culinaria, nella macelleria, sono le frattaglie, le parti meno nobili dell’animale ucciso e smembrato; e che insomma il nostro poeta più che di musica sta parlando di corpi fatti a pezzi, di una fisicità sanguinolenta, forse rabelaisiana. Il gusto dello scrivente vorrebbe additare soprattutto gli episodi claustrofobici della sezione che riprende il titolo della raccolta. L’uso sistematico degli imperfetti “continui” o “descrittivi” consente di fisicizzare questo tipo di narrazione lirica, di introdurre qualcosa come la materialità di un’esperienza, che si confronta con un tempo collassato, sia esso quella della pandemia sia esso quello della guerra. […]
Paolo Giovannetti
[…] In quest’epoca ulteriore, di definizioni sempre più “qualitative” ma scorporate fino alla tautologia o all’equivalenza, di significati indefinitamente inventariabili e commisurati nel disastro della perdita del senso, Verdone sembra reclamare, dibattendosi tra un’espressione liberata e quella lingua strana del disastro, una “quantità” integrale, fosse anche in forma di residuo. La «traccia-macchia», il disavanzo, il resto, il Quinto quarto, appunto, è questo: è l’eccedenza, nuovo metro di misurazione, colta nell’atto di darsi un diverso indirizzo. […]
Massimiliano Cappello
***
*
Si giocava alla guerra chiusi in casa
con le dita arrampicate alla tastiera
e gli strilloni si sgolavano via cavo
che tutto era in controllo o in distruzione
e mentre la scossa della storia
sfociava in lacrime represse
si usciva a godersi l’ultima porchetta.
*
Era arrivata nel mezzo dello spritz
tra una battuta sarcastica
e un bel link di propaganda
non eravamo pronti ancora
a gestirla e mai lo saremo
credo questa infida
ironia collettiva che tutto presto finirà
aspettare due settimane appena.
*
questa parte di te non più ti appartiene
se la rendono oggetto
ospedaliero appendice opaca organo di carta
o la riducono a funzione che riceve trattamenti
non è più anatomia se la osservi come ingranaggio
anaerobico inerte minerale che subisce alterazioni
temporali consunzioni o logoramenti meccanici
sei congegno significante depurato di te
se ti arruoli nella legione dell’uguale
o metti il piede dove lo spazio è preso
sei l’inchiostro della parola annotata
quando non si vede da lontano e la lineetta
amorfa di un alfabeto scandito male
la sostituzione di te ha già operato a tua insaputa
*
In mezzo a questo sconfinare
di scheletri di rovine di cemento
a un cestino è stato cambiato
il sacchetto.
Mentre vedo
scorrere la scena da questo
treno rinsecchito mi accorgo
che così è la cura quando
sopravvive come un’isola
alla devastazione
*
III.
I salti le scosse le rincorse
le voragini le oscurità che hai vissuto
erano per me l’impossibilità di esserci
ma tu mi hai smentito
bastava stare con te e tutto svaniva.
Adesso l’ultimo salto è il più lungo
è quello che ti separa da me.
***
Alessio Verdone (Caltanissetta, 1995) è attualmente dottorando di ricerca in Visual and Media Studies presso IULM e in Literary Studies presso Universiteit Gent. Ha pubblicato la raccolta poetica Le contraddizioni (Transeuropa, 2020). Alcuni suoi testi sono stati raccolti in Distanze obliterate. Generazioni di poesie sulla rete (Puntoacapo, 2021).