Per molti autori e autrici di poesia (meglio usare con parsimonia il termine poeti) esiste il mondo, amaro e brutta cosa, e il mondo poetico, fatto di letture, festival e feste di poesia, spazi inclusivi e rassegne esclusive, giri e rigiri, spesso gli stessi, con lui che va là e lei allora va lì, e ci si rincontra, si brinda alla poesia, si parla di poesia, si è capiti, accolti, compresi.
Ora forse dovrei dire qualcosa di me, uno si aspetterebbe che io dicessi qualcosa di me, che io no, invece, sono il paladino della rettitudine e come il santo omonimo ciancio solitario con le bestie. Non sono così. Di paladini della via retta della poesia ve ne sono altrettanti e anche loro sono parte attiva nella stessa rete, il chiuso cerchio circo, malinconico e brindante, che si allarga e si restringe, parte dello stesso gioco di respiri. Anche io. E forse anche il più mondano ha desiderato di essere il più solitario, e il più indomito ha sognato di essere il centro unico della più grande festa.
Ultimamente ho visto poco il mondo, il mondo quello unico, quello amaro, quello solo, quello bello, quello poetico, perché per lunghi periodi mi acceco per proseguire nell’esistenza. E ora che dischiudo lo sguardo penso alla poesia come a un deragliamento, un invito imprevisto, un dettaglio disatteso. Una sequela di solchi, niente su cui brindare, ma anche niente contro cui scagliarsi e soprattutto niente da difendere. Distese aperte, per nessuno (o per qualcuno?), alcune barriere negli occhi che ostruiscono l’orizzonte. E se le attraversiamo, con il coraggio dell’inconsueto, rilanciamo la scia di un sogno, dal puntino che siamo verso qualcuno (o nessuno?). Verso l’ignoto.
Stare lì solo per questa tensione. Per questo ogni tanto rialzare lo sguardo. Attendere un dialogo vero che ci attraversi. Questo è il mondo della poesia.
Riscrittura da Paul Celan (Blume)
La pietra.
La pietra nell’aria che io seguii.
Il tuo occhio cieco come la pietra.
Noi eravamo: mani, noi
svuotammo l’oscurità e vi trovammo
la parola venuta fuori dall’estate: fiore.
Fiore – una parola cieca.
Il tuo occhio e il mio occhio
divengono sorgente per l’acqua.
Crescita.
Parete cardiaca dopo parete
si insinua, foglia a foglia.
Una parola ancora, come questa
e i martelli
si libreranno, aperti, via nell’aria.