di Laura Pugno
La serie poetica “il nuovo mondo” è stata pubblicata in prima edizione nella raccolta La mente paesaggio (Perrone, 2010) e poi ristampata, con qualche cambiamento, ne L’alea (Perrone, 2019). È “liberamente tratta” dalla visione del film Il nuovo mondo (2006) di Terrence Malick, dove – in questa lettura che diventa scrittura – il nuovo mondo è il luogo in cui si è andati oltre la morte, nostra o di altri, e da cui il ritorno, nostro o di altri, non è possibile.
il nuovo mondo
rifanno la tua mente con il muschio,
mettono a crescere il muschio
sulla terra
questo è il nuovo mondo,
la lingua
è ridotta
ad ago che cuce pelli col tendine,
a strumento d’osso
nulla è raggiungibile di quanto
è stato casa,
divide l’oceano
hai conservato le meduse,
hai messo luminoso,
in barattoli
quanto si secca scompare muore
e ora scendi
su una striscia di spiaggia, ti bruci la pelle
con stelle di mare nere
qui tutto è smisurato,
hai calze di cuoio
fin sopra le ginocchia, hai
una lingua utile e inutile: qui
non c’è nessuno,
è in pericolo
chi viene nella neve chi
è guardato nel bosco: se
offrirà carne secca,
se porterà distruzione
si muove nel bosco che è enorme,
come fosse
casa possibile, col tempo
come una tenda
di pelle di capra, nera,
enorme dentro
vedrai le vie che non vedi
nel bosco che ti sbava sulla pelle
visione, riflesso
di un corpo di ragazza in acqua
fino alle ginocchia,
dai movimenti esatti
e pelle nuova
eppure sei salvato,
per il riflesso degli alberi
sei guidato al nuovo
voce dolce,
quello che la tua specie ha sempre fatto –
voce attraversata da non-voci –
quello che fa la specie delle volpi
la linea del paesaggio sta cambiando
la linea cambia,
si modifica diversamente
dall’acqua di mare
abituata a quella
cangianza, sei –
lingua, la perdita è esatta,
è costante
l’inverno, la sua
smisuratezza di bianco,
qui
più forte,
verde sopraffatto –
la misteriosa linea della costa
da insenatura
a insenatura la mente
legge il verde senza riconoscere,
mutamento in atto
sai che sei guardato
diventato
tu la volpe
alza le braccia –
sono i fiumi
in cui si versa il verde
corpi visti da sott’acqua
movimento di capelli,
gambe
verso la superficie –
il non mai visto
sta per rompere l’acqua
forma scura di legno
come ciotola,
come un corpo si immerge in acqua
la schiena nuda
giardino infinito bosco
dove vuoi perderti
prosegui lungo il fiume,
coste verdi,
finché vedrai –
pezzi di ossa chiare,
verde chiaro
qualcosa sporge dalla pelle
qualcosa, nero
segue la linea del cranio
guarda tra alberi altissime erbe
porta forme di pane
accanto alla riva del fiume
cotto in cerchi,
non raffermo,
spàrgilo –
corda sacra,
stringi
il torso fino a fare male
il corpo strofinato col sale
immerso nell’acqua
corpo coperto di corteccia nuova,
tolta
la strettura delle ossa
smisuratezza,
avanti coi kayak,
muovendo
acqua con fango,
rovesciando il corpo in acqua
con spalle nude
nella neve
La rubrica Nel buio – Un film, un poeta ha già ospitato gli interventi di Umberto Fiori su Orson Welles, Vincenzo Frungillo su Werner Herzog, Ida Travi su Jean-Luc Godard e di Damiano Scaramella su Tim Burton.