Sonetti d’amore per King-Kong, un esordio poetico del 1977 da ricordare e riconsiderare, poiché in grado di rileggere la tradizione con un’ossessione tragica dell’oggi, mediante una spinta mitopoietica originale: disperata e armoniosa al contempo. L’irriverente e sagace silloge dell’allora ventiseienne Gino Scartaghiande, suddivisa in sei sezioni precedute dal testo epigrammatico Non ho mai conosciuto la collocazione (Il nome, Sonetti d’amore per King-Kong, Campo, Sospensioni, Distanze, Il posto), venne pubblicata su sollecitazione di Elio Pagliarani per la Cooperativa Scrittori, fondata nel 1971/1972 da Luigi Malerba. Nella prima edizione, ormai pressoché introvabile, reca una prefazione di Renzo Paris e in copertina è scelto, non a caso, un disegno con teste animali di Jackson Pollock.
Il libro va a inserirsi nella affatto monolitica tradizione, di matrice greca e latina, dell’omoerotismo, ben presente dal Medioevo nella letteratura italiana, benché rimossa o celata dal canone, e messa (solo parzialmente) in luce nella pionieristica antologia di Antonio Veneziani e Renzo Paris: L’amicizia amorosa. Antologia poesia omosessuale italiana dal XIII secolo a oggi (Gammalibri, 1982). I motivi e i moti dell’eros nella poesia di Scartaghiande hanno una cifra intimistica ben riconoscibile, ma possono essere letti in rapporto ai tratti salienti di altri esordi anni Settanta: la disperazione enfatica e inconsolabile di Dario Bellezza (Invettive e licenze, 1971), l’ironia dissacrante e sfrontata di Attilio Lolini (Negativo Parziale, 1974), il gioco amaro e ipercolto del primo Buffoni (Nell’acqua degli occhi, 1979).
Recentemente, poco prima della sua dipartita, è stato Carlo Bordini (1938-2020), nella collana di poesia online “Arianna – I libri ritrovati” (Diacritica 2021) da lui diretta insieme a Giuseppe Garrera e Sebastiano Triulzi, a ricordare questo esordio come “uno dei migliori libri della seconda metà del Novecento”, un unicum della stessa produzione di Scartaghiande a lungo ripudiato dal suo autore (C. Bordini, Sonetti come unicum, p. 143).
Dopo l’edizione originale e l’uscita digitale su Diacritica, è di nuovo possibile avere tra le mani le pagine di esordio di Gino Scartaghiande, grazie alla pubblicazione nella nuova collana di Graphe Edizioni (Perugia) intitolata “Le mancuspie“, incentrata sul recupero di alcune voci essenziali, in ombra, del Novecento. Il terzo numero con Scartaghiande, in uscita il 26 febbraio 2023, segue due ‘chicche’ che hanno rivisto la luce nel 2022: Parola sub di Luciana Frezza (1926-1992) e Un uomo pieno di morte di Giorgio Manganelli (1922-1990). Il curatore Antonio Bux presenta i Sonetti per King-Kong come un “un punto di rottura nella poesia italiana […] subito valutato come un vero e proprio evento”, che avvera “il sogno di una lingua, qui così vera e al tempo stesso evanescente”.
Francesco Ottonello
Gli uomini fanno ogni giorno la stessa cosa
Come procede da dietro
dal buio. Forse dalla
luce ma dal buio per me.
Chissà dove sono morto
oggi, in quale parola
detta a chi mi sto
decomponendo.
Come smarrito su di una strada.
La notte e la pioggia
mi slabbrano la persona.
Ogni giorno ama ripetersi.
***
*
Stanco vorresti tacere. Non so
che farmene delle notti
susseguenti. Strascico sotto
i tuoi pallidi piedi.
Suvvia riapri gli occhi, ti prego
sii pupilla ancora per un poco.
Rimesso, ripreso un inizio perduto.
Sai, ti trovo monotono, estenuante
perfino, ma scialbo, slittante
da una parola all’altra, perché
non dovresti?
D’altra parte i giorni e le ore
fanno lo stesso gioco con i luoghi.
Ma non per questo cesseremo. Anzi.
***
*
E così pervenuti o meno
altalena delle righe, dei suoni
come ondate cancerose, frammisto
mezzo, ente vacuo e solido
occhieggiato dal razzismo della
comprensione. Ma tu disperso,
disperso e consono prima ancora
di posare un solo piede, riesci
rinchiuso in simile dilatazione.
***
*
Nella sua curva dolce metto
una porta oscura e la lascio
aperta. Vi conserva un’acqua,
uno specchio nell’erba e nido.
Vi respirano la notte e le ombre.
Quando distese le cose s’insinuano
nei propri vuoti. Un rimando duplice
ora, mettermi io stesso a parlare.
Dove si sposta il cerchio alle labbra.
Se qui scagliato io fossi sempre tu.
***
*
A tempo il caldo preparerà
argomenti su cui sedermi.
Farà spuntare quante cose
libri, perdite. Proclamo
la mia estraneità
dal momento che mi vedo
coinvolto, tutto. Dico
che da questa parte, solo
considerando. Se alzano il velo
il primo che guarda annienta l’altro.
***
Gino Scartaghiande (Cava de’ Tirreni, 1951) vive e lavora tra Roma e Salerno. Laureato in medicina, nel 1977 ha pubblicato Sonetti d’amore per King-Kong (Cooperativa Scrittori, Roma-Milano) a cui sono seguiti altri titoli quali Bambù (Antonio Rotundo, Roma 1988); Oggetto e Circostanza (Il labirinto, Roma 2016 – Premio Nazionale Frascati Poesia Antonio Seccareccia), Cavallucci marini (Il labirinto, Roma 2022), Incovertendo (Battello stampatore, Trieste 2022). Sullo scorcio degli anni Settanta è stato tra i collaboratori di Prato pagano e tra i fondatori di Braci (1980-1984). Intenso il suo sodalizio d’arte e di vita con poeti e artisti operanti a Roma; tra gli altri, è stato legato da profonda amicizia con Elio Pagliarani e Amelia Rosselli. Sue poesie sono state tradotte in più lingue.