La poesia che si fa città. Testi da un laboratorio (Zacinto, 2023) è il risultato della prima edizione (2022-2023) del laboratorio di poesia gratuito organizzato dall’Università IULM di Milano, su iniziativa del Prof. Paolo Giovannetti, con la conduzione di Tommaso Di Dio e la collaborazione di Marilina Ciaco. Il libro si struttura come un’antologia di proposta di nuove voci, un organismo di brevi sequenze con una coerenza interna, una raccolta di testi che, per la loro diversità, potrebbero costituire uno spaccato sincronico della poesia contemporanea. Proponiamo un’anteprima di questo lavoro, da pochi giorni nelle librerie, attraverso una rubrica di uscite settimanali. Riportiamo inoltre, a titolo di introduzione alla presente anteprima, uno stralcio della nota di Paolo Giovannetti e della prefazione di Tommaso Di Dio.
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«Ma il laboratorio da cui è nato il presente volume antologico […] non ha rinnegato le origini moderne della poesia. Nel senso che ha selezionato poete e poeti che già avevano una loro – per quanto limitata – attività, che alla poesia erano arrivati per strade idiosincratiche, non sempre comparabili: dai giovanissimi studenti di lettere, che la poesia l’hanno affrontata anche accademicamente, agli autodidatti puri, fra i quali convivono gli estremi degli apprendistati culti e la familiarità con la poesia slam e la canzone. Ma le vie di mezzo e le contaminazioni sono innumerevoli, non escludendo (siamo un’università della comunicazione) l’attenzione alla parola in versi come “messaggio” attento a incidere pragmaticamente sul destinatario, a modificarne le scelte. Insomma, l’idea non era insegnare a scrivere poesia, ma perfezionare i modi esistenti di lavorare, attraverso il confronto con un docente e una classe di “pari”».
Paolo Giovannetti
«Da diversi decenni ormai, la critica si è avveduta che la poesia è Legione: un coacervo plurale di pratiche in cui fra ascolto, lettura, condivisione e produzione di testi si delineano confini in continua riconfigurazione mobile. Ma a fronte di questa consapevolezza negli studi, si stenta a trarre adeguate conseguenze, soprattutto a proposito del bisogno di una rinnovata dimensione sociale della poesia; e si perdura a cercarla nel mito di un lavoro solitario e remoto o all’interno di un’asimmetria fra grande maestro e discenti che non poggia più su nessuna base realmente condivisa. La sorpresa non è allora che c’è un grande numero di persone che scrive poesia e che vuole leggerla, ma è che finalmente vorrebbe trovare modi per farlo insieme».
Tommaso Di Dio
*
Silvia Atzori, Notitia criminis
Le hanno cucito qualcosa nella stoffa del vestito
il presagio del lutto – gli occhiali
ancora non li portava oppure
erano frantumati.
Una borsa di tela – il portafogli – i documenti
quando ancora non li aveva persi. Nel passaggio
non ti serva avere un volto
o attributo iconografico.
La bocca ha un rivolo di sangue – i denti sono sani.
L’hanno fatta stendere perché non tremi.
L’orecchino destro è rimasto sulla terra, opaco per lo schianto:
il pegno è stato pagato. Adesso
dovrà elencare le sue colpe prima di continuare.
Non ti cercheranno qui ma il debito
non si scorderà di te.
La flebo – l’odore del disinfettante – incantamento – insetticida
lo sguardo di tua madre senza domande – le lenzuola
pulite – il libro
Solo tu ricorderai
tutto questo, quando
tornerai sulla terra
*
Diego Ghisleni,
O forse basta, la misura dello scarto
muti allo sciopero dei sassi
e quel che resta a un centimetro
da te, nella gola.
Così m’illudevo di estinguere
il peso netto degli squarci.
Possiamo stringerci a mezz’aria
se rallenti
amarci e non sapere
come fare davvero.
*
Federico Isonni, Appunti I
–
Espropriami i palmi, le vertebre:
entrami nella carne e continuare
nella carne sarà target, compiuto e
sostituito scuci l’epidermide,
l’informazione giunta, altro linguaggio
che adesso potrò compilare.
–
Raggruppo e metto a valore assoluto
l’immissione dei dati-quanti: termini
di paragone opinioni pensiero
d’altri da me:
come un endecasillabo
ne allaccio e metto a tornio le variabili;
resta una plaga deserta, una stringa –
una piaga aperta, che non rimargina.
//perché l’errore di calcolo porta
terminazioni, cambi di pattern
di fronte a ciò sono insignificante
ricomputare a nastro le funzioni;
calare in un silenzio
intermittente, un codice morse:
concupire l’arbitrio, decretarne la morte//
*
Marco Petruzzi,
Gli allergeni, i programmi della lavastoviglie,
la disposizione dei condimenti
al centrotavola, i tempi di cottura
dei canederli, tre aggettivi per descrivere
ogni birra sul menù –
per otto euro all’ora
ho concesso spazi di me a nozioni
che non mi interessano, mi sono scoperto
colonia periferica di un impero immenso,
sconfinato.
*
Laura Recanati, Filogenesi
Da qualche parte nel mondo c’era ancora
chi affilava le pietre. Le legava e le slegava
a legni affusolati, mangiava la bestia
squartata e con cura messa sul fuoco
sì c’era
chi snodava visceri caldi
studiava il volo degli uccelli
per decodificare il domani
nera nuvola alta in cielo
e poi, c’ero io
che riversa sul letto tradendo la specie
nel buio aprivo i palmi vuoti
pallidi, lunari, dissanguati
sbattendo le ciglia pettinavo
i capelli biondi dell’angoscia
aspettavo
che, quieta, come un
miele nero fatto collirio
accadesse finalmente
la fine del mondo.
*
La poesia che si fa città