A stimolare un discorso sull’ultimo libro di Sonia Caporossi, Taccuino dell’urlo (Marco Saya, 2020), mi pare perfettamente calzante un passaggio molto significativo di Lacan: «L’eros è ben lungi da essere una tendenza all’Uno», e dunque, in base al sistema psicanalitico così definito dallo studioso, appare del tutto evidente come «la contrapposizione dei sessi trovi fondamento solo nella discordia» (Seminario XX, Einaudi, 2020). L’autrice presenta infatti due soggetti del discorso, abbozzati semplicemente in forma di pronome, ‘lui’ e ‘lei’, forse per prendere le distanze da una ricostruzione del proprio vissuto che necessita di una certa lontananza per essere analizzato, compreso, superato. Per questo, nell’istante in cui la riflessione deve tradursi in linguaggio poetico, il testo non può che scaturire da un certo rigore speculativo; per buona parte del libro l’autrice pare girare attorno a sé per sondare i punti labili di un discorso interiore che fin dall’esordio si rivela coercitivo e sfuggente, «nell’imprecisione coatta/ dell’analizzare» (p.14). L’eterogeneità dei testi, in una forma rigorosamente irregolare che non di rado complica l’attività della lettura, dà a tratti l’idea di una sfida al lettore, il quale deve ricostruirne il senso; si legga ad esempio il testo n. VIII, che nella sua struttura speculare porta a un certo straniamento, tanto che può accadere di leggere separatamente due testi, uno alla sinistra e l’altro alla destra del foglio, come se l’autrice sperimentasse in scrittura la separazione annunciata nella nota iniziale e plasmando, così, una sorta di ‘sguardo strabico’ sulle cose. La fascinazione del lettore è acuita da alcuni incastri sonori che invitano ad affidarsi al ritmo interno del testo (costituito da rime e assonanze battenti) piuttosto che a una sua interpretazione, la quale risulterebbe in ogni caso difettosa considerato il dettato frastagliato e intermittente di alcuni componimenti – e in questi frammenti Caporossi sembra proprio mettere in campo la propria esperienza di musicista, poiché questo rimbalzo di senso ai margini del foglio ricorda in un certo senso il ping-pong delay, effetto acustico che consiste nello spostamento continuo del materiale sonoro da un orecchio all’altro.
Il dialogo del soggetto che ricorda, che ricostruisce e tenta di scacciare la figura di ‘lei’ che irrompe nel testo in forma di voce-volatile, tradisce dunque l’impianto narratologico dichiarato in apertura, poiché lo scambio nei versi è tutto interno a un unico soggetto che si sdoppia e fa parlare la propria memoria facendole assumere le sembianze di ciò che, essendo ormai perduto, mancato, può attualizzarsi nel presente solo nell’illusione (o ‘fola’ leopardiana) scaturita dal proprio scavo interiore. L’esercizio mnemonico e auto-analitico non produce effetti prevedibili: esso è a volte «lucido barlume» (p. 16), quindi può rivelare ciò che è felicemente inaspettato; in altre istanze il pensiero è un «fardello» (p. 22) che paralizza, per poi assumere i contorni di una città misteriosa di cui «indagare da solo angoli» (p. 26), e qui Sonia Caporossi lascia di nuovo intendere i debiti della propria scrittura col discorso lacaniano, secondo cui la scrittura è sempre un processo di riemersione del rimosso, quello ‘strascico’ che costituisce l’occasione per far riemergere il discorso su quell’unica realtà, come la intende Lacan, che è collocata sempre sull’orlo del detto, poiché il testo costituisce e rafforza il muro dietro cui si nasconde l’impossibile ‘reale’ – che, beninteso, è ciò che interessa fortemente il discorso critico. Di fronte a ogni logica pretesa di senso, a ogni interpretazione ‘realistica’ ma non reale, secondo l’autrice, va invece ricercato il contrario: «non è un {soggetto pensante}/ :: è l’oggetto che aderisce/ all’alogica del senso» (p. 31), versi coi quali si dichiara la propria poetica partendo da una questione che è solo apparentemente relegata alla sfera gnoseologica, dato che tutto il libro è anche una ricerca sul senso e sulle possibilità dello scrivere.
Taccuino dell’urlo è ascrivibile a una struttura di intrecci sempre traballante e messa a repentaglio dallo stesso soggetto scrivente, poiché il muro è costituito proprio dal testo e dalla veste che gli si attribuisce, per cui ogni poetica può costituire o un approdo momentaneo oppure la limitazione coatta di sé. L’urlo si concretizza infatti nelle due pagine poste quasi alla fine, dove si rinuncia al verso e di conseguenza alla rigidità del senso, dove si può percepire l’eco del reale in un flusso «fuori dal verso» (p. 55); questa nuova materia emersa, magmatica e malleabile, o ‘parola-Molly’ (con chiaro riferimento a Joyce, non banalmente per una questione di forma ma per l’irruzione violenta di un discorso abbagliante, forse la realizzazione del «lucido barlume» citato in precedenza), è la possibilità di una riformulazione interna che non può che scaturire da un rinnegamento del proprio sistema, così come dichiarato nei versi finali: «per scrivere necessita una rabbiosa solitudine/ e un istinto meno che umano, e stanco/ di ripensarsi interi/ dopo la distruzione» (p. 61).
Alessio Paiano
Sonia Caporossi
Sonia Caporossi (Tivoli, 1973), docente, musicista, musicologa, scrittrice, poetessa, critico letterario, artista digitale, si occupa di estetica filosofica e filosofia del linguaggio. Con il gruppo di art-psychedelic rock Void Generator ha all’attivo gli album Phantom Hell And Soar Angelic (Phonosphera Records 2010), Collision EP (2011), Supersound (2014), Prodromi (2017), Anatomy of a trip (split con i Da Captain Trips, 2019) e le compilation Fuori dal Centro (Fluido Distribuzioni, ITA 1999) e Riot On Sunset 25 (272 Records, USA 2011). Suoi contributi saggistici, narrativi e poetici sono apparsi su blog e riviste nazionali e internazionali. Ha pubblicato a maggio del 2014 la raccolta narrativa Opus Metachronicum (Corrimano Edizioni, Palermo 2014, seconda ed. 2015). Insieme ad Antonella Pierangeli ha inoltre pubblicato Un anno di Critica Impura (Web Press, Milano 2013) e la curatela antologica Poeti della lontananza (Marco Saya Edizioni, Milano 2014). È presente come poetessa nelle antologie La consolazione della poesia a cura di Federica D’Amato (Ianieri Edizioni, Pescara 2015), in Alla luce di una candela, in riva all’Oceano a cura di Letizia Leone (L’Erudita Edizioni, Roma 2018), in La forma dell’anima altrui. Poesie in omaggio a Seamus Heaney, a cura di Maria Grazia Calandrone e Marco Sonzogni (LietoColle Edizioni, Faloppio CO 2019). Con contributi saggistici, è presente nei collettanei Pasolini, una diversità consapevole a cura di Enzo Campi (Marco Saya Edizioni, Milano 2015) e La pietà del pensiero. Heidegger e i Quaderni Neri a cura di Francesca Brencio (Aguaplano Edizioni, Perugia 2015). Nel 2016 ha pubblicato la silloge poetica Erotomaculae (Algra Editore, Catania), nel 2017 è uscita la raccolta di saggi Da che verso stai? Indagine sulle scritture che vanno e non vanno a capo in Italia, oggi (Marco Saya Edizioni) e nel 2018 ha curato l’antologia La Parola Informe. Esplorazioni e nuove scritture dell’ultracontemporaneità (Marco Saya Edizioni). Del 2019 è il romanzo Hypnerotomachia Ulixis (Carteggi Letterari, Messina) e del 2020 Taccuino dell’urlo (Marco Saya Edizioni). Dirige per Marco Saya Edizioni la collana di classici italiani e stranieri La Costante Di Fidia, per cui ha curato La gentilezza dell’angelo, antologia ragionata dello Stilnovo (2019). È giurata del Premio Letterario Il Giardino di Babuk – Proust en Italie e del Concorso Letterario legato al festival di Bologna in Lettere, con il quale collabora dal 2015. Dirige inoltre i blog Critica Impura, Poesia Ultracontemporanea, disartrofonie, tiene la rubrica filosofica Metalogie su Midnight Magazine e conduce su NorthStar WebRadio la trasmissione Moonstone: suoni e rumori del vecchio e del nuovo millennio. Vive e lavora nei pressi di Roma.